domenica 19 maggio 2013

Differenze e continuità con il passato.

Nicolina Raimondo

Qualche decennio fa i nipoti erano molti e i nonni erano pochi (le famiglie erano più numerose, ma si viveva meno a lungo), oggi è il contrario, il 42% dei nipoti alla nascita ha tutti e quattro i nonni e molti sono i casi di un solo nipote per quattro nonni.
La famiglia e i rapporti interpersonali sono profondamente
mutaTI. Siamo passati da un padre assente per emigrazione  ma sempre presente nei discorsi e nel ruolo riconosciuto anche a distanza, al padre presente ma assente o perché latitante dalle sue responsabilità o perché ignorato, escluso dai comportamenti invischianti di donne troppo protettive e manipolatrici.
In passato il divorzio non esisteva, il padre, per lavoro o per mentalità, era spesso assente ed era la donna ad occuparsi interamente della famiglia e dell'educazione dei figli; i vecchi nonni erano trattati con riverenza e vivevano, quasi sempre, insieme ai figli e ai nipoti.
Oggi, invece, il nonno, con un medio livello di istruzione, abita da solo, è una persona indipendente (spesso lavora ancora), ha un'età tra i 65 ed i 74 anni, vive con il coniuge, è legato alla famiglia ma vive fuori di essa.  I nipoti sono bambini di un’età compresa  tra i sei ed i dieci anni; egli li incontra spesso, sia per la necessità di offrire aiuto ai figli, che per il desiderio di stabilire legami affettivi con i propri nipoti, senza assumere la parte sgradevole delle responsabilità educative.
Normalmente soddisfatto del rapporto con i nipoti non si preoccupa dell'efficacia della sua azione educativa; con piacere dedica tempo ai bambini dei suoi figli e nei suoi rapporti con loro è intraprendente e attivo, favorisce le attività ludiche trasmette il proprio vissuto e di quello della famiglia, soddisfa il bisogno principale dei nipoti di ricevere affetto e comprensione, è spesso anticipa la richiesta di doni, che gli sembrano mezzi utili per rafforzare la relazione.
In tutto questo escursus il rapporto nonno-nipoti è molto complesso e variabile e vari aspetti influiscono sul modo di vivere, di ciascuno, la condizione e il ruolo di nonno, cioè la nonnità.
Per prima cosa nonni non si nasce ma si diventa alla nascita di un nipote.
La consapevolezza di assumere un nuovo ruolo, ci riporta, sia pure in maniera inconscia, ai modelli avuti a disposizione perché la nonnità non è una nostra invenzione, ma, è un retaggio culturale che attiene alla relazionalità e all’affettività dell’uomo che porta con sé il frutto di un'educazione remota e continua che riconosce la persona come valore primario e favorisce l'apertura verso l'altro.
La nonnità si fonda su un rapporto libero, fine a se stesso, privo delle preoccupazioni educative tipiche del rapporto genitori-figli. I nonni rispetto ai genitori siano meno rigidi, molto più tolleranti, disponibili al dialogo, e talvolta anche complici.
Tuttavia, non avere responsabilità educative dirette non significa non avere un ruolo importante ed efficace.
Purtroppo molti nonni, a causa anche di una difficoltà a dialogare con i genitori sull'educazione, non sono del tutto convinti e consapevoli della loro importanza educativa e tendono a sminuire questo aspetto.
Nella società odierna, disorientata da ideologie confuse e incoerenti, caratterizzata da una distorta visione del mondo - divulgata dai mass-media - dominata dall'egoismo e la soddisfazione immediata dei bisogni a scapito dei valori di solidarietà e di responsabilità, il contributo educativo del nonno, se ispirato ad autentici valori, può avere grande importanza per lo sviluppo della socializzazione del bambino.
Ma, tale ruolo educativo si basa sul presupposto importantissimo che da portatore di valori, non li deve imporre al nipote tentando di plasmarlo a propria immagine e somiglianza.
Lui deve accettarlo per quello che è, rispettandone l’identità nella diversità. Questa è la condizione essenziale per instaurare un dialogo basato sul rispetto di tutti i valori, anche di quelli estranei alla propria sensibilità.
L’accettazione richiede che il nonno non esprima giudizi, ma, sappia mettersi in posizione di ascolto, di osservazione e di attesa nei confronti del nipote. In questo modo, invece di limitarsi a conquistare il suo affetto con regali o gratificazioni materiali, può essere educatore e non semplicemente custode, trasformare la relazione in una occasione di crescita reciproca, di coeducazione.
Forse tutto ciò che non ha fatto con i figli.
Oggi le persone della terza età, altrimenti detti “diversamente giovani”[1] , che siano nonni oppure no, hanno, nel ruolo, nell’età, nel tempo. nei mezzi a disposizione e nelle occasioni esistenti, la possibilità di aggiornarsi continuamente sul significato dell'educazione e sui percorsi di formazione del bambino, possono leggere, mantenersi attivi, coltivare interessi e rapporti sociali, autoistruirsi (anche frequentando le Università della terza età), sfruttando le proprie potenzialità creative. 
Possono, se vogliono, vivere la propria stagione di vita, in sintonia con gli anni e con la realtà, senza cadere nel vittimismo e nella depressione.



[1] Carmela Mantegna, Anziani o diversamente giovani?  http://counselando-carmela.blogspot.it/

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