Prendere coscienza del problema della violenza sulle donne vuol dire, per chi la
subisce smetterla di coprire uomini violenti dicendo "ho sbattuto contro la porta", e per la altre essere solidali, parlarne, partecipare alle manifestazioni, alle tavole rotonde, alle petizioni e a tuttto ciò che serve a sensibilizzare.
Nella società postmoderna, nell'era della globalizzazione, era di grande civiltà e progresso, siamo tornati indietro nell'abito mentale, nei modi di agire, nei comportamenti, nel rispetto per l'altro.
Siamo tornati alla vecchia legge del taglione e siamo andati oltre:
noi siamo nell' epoca della violenza spicciola e gratuita.Questa è l'epoca dell'invocazione dei diritti, l'epoca delle carte dei diritti.
Ma, se dobbiamo tanto invocarli questi diritti e richiedere con insistenza una legge che li difende e li applica vuol dire che nessuno mette in atto nei modi di ragionare e poi di comportarsi il rispetto della persona, il rispetto della vita, il rispetto dell'altro, il concetto di libertà.
Il progresso di una civiltà si misura proprio dal rispetto che mostra verso i più deboli, i più bisognosi. Su questo dovremmo riflettere noi italiani........ Noi danzeremo per dire basta alla violenza degli uomini contro le donne, un ennesimo tentativo di porre all'attenzione di tutti quello che le donne di tutto il mondo subiscono, spesso in silenzio. Un modo, questo della danza, per riappropriarsi della vita, tutte insieme per darci e dare energia.
Ma una danza non basta.
Posto questo scritto di qualche settimana fa, per chi ha voglia di leggerlo.
Dall’inizio di gennaio, sono già 8 le donne uccise per mano dei loro uomini, mentre l’anno 2012 si è chiuso (dati della Casa delle Donne di Bologna) con 124 femminicidi e 46 tentati femminicidi. Abbiamo assistito anche a stupri e a violenze domestiche, con il seguito inevitabile di commenti per lo più inutili, culminati nell'invito alle donne, da parte di Francesco Dettori, procuratore capo del Tribunale di Bergamo, a non uscire da casa da sole e, in aggiunta, come sostenuto da Don Piero Corsi parroco di Lerici, a non indossare la minigonna.
Sembra banale doverlo ripetere, ma evidentemente è necessario: lo stupro, così come i maltrattamenti sulle donne non sono un problema dovuto ai comportamenti femminili. Sono, quindi, del tutto fuorvianti i consigli per l'abbigliamento e gli inviti a restare a casa.
Fuorvianti, ma perfettamente aderenti a quella cultura misogina e sessista, ben radicata nella società italiana, che vede nella subordinazione della donna la giustificazione di ogni violenza.
E questo non lo dico per caso, ne ho avuto una prova diretta qualche giorno fa.
Una donna che si era rivolta alla nostra associazione, mi ha raccontato che il marito, che l'ha picchiata più volte, si era dichiarato perfettamente d'accordo con l'affermazione che le donne devono stare a casa, perchè quelle che escono da sole la sera, per di più con la minigonna, sono donne che “se la vanno a cercare” perchè sono tutte delle “poco di buono”( ovviamente non ha usato questo termine) e quindi
“se la meritano”, così come si meritano di essere picchiate dai loro uomini, chiosando: vedi, lo dice anche
un giudice!
E facciamo ancora finta
di non sapere, e quindi lo ripetiamo, che il luogo meno sicuro per le
donne è la propria casa. L’85% della violenza in Italia è violenza
domestica e ne sono coinvolti anche circa 400 mila bambini che assistono
alla violenza in famiglia. Questo, della famiglia, è inoltre, il terreno
su cui si è sviluppato il 70% degli oltre 2000 femminicidi avvenuti in
Italia dal 2000 al 2011.La comunicazione spesso alimenta stereotipi: ne è un esempio il linguaggio dei media, il modo in cui si divulgano le notizie circa la violenza contro le donne, in particolare la giustificazione costante dell'uomo violento, (descritto come deluso, abbandonato, che ha perso il lavoro, geloso) in un continuo processo di deresponsabilizzazione. E questa giustificazione riflette esattamente ciò che l'uomo violento pensa di se stesso, si sente provocato dalla donna, sia sessualmente, sia nei comportamenti: se solo tu non mi rispondessi... se solo tu non facessi.. se tu non mi lasciassi…. io non ti torcerei un capello.
Come se dietro gli stupri, i maltrattamenti, i femminicidi, ci fosse solo la responsabilità della donna che “provoca”, episodi sporadici, quindi, isolati tra di loro, compiuti da singoli soggetti momentaneamente vulnerabili.
Tutto questo non aiuta lo svelamento di ciò che c'è dietro alla violenza, non permette di elaborarla e chiedere aiuto.
La violenza degli uomini contro le donne non è solo la reazione a quello che è considerato un torto, o una reazione a frustrazioni personali, ma ha radici profonde. Attiene a quella cultura che considera l’uomo come gerarchicamente dominante rispetto alla donna, soprattutto nelle relazioni affettive.
Scriveva qualche giorno fa Michele Serra, e ne sono sempre stata convinta, che, da parte degli uomini, urge una riflessione di genere speculare a quella che intrapresero le donne parecchi anni fa, una forma di autocoscienza che favorisca la liberazione dei maschi dal loro istinto di prevaricazione, e aggiungo io, che li liberi da un vecchio ruolo non più attuabile. Molto spesso si tratta di uomini fragili, che considerando la donna un oggetto di loro proprietà, pensano di poter tornare di nuovo potenti distruggendo quell’oggetto. Gli uomini si sentono privati del potere ma pretendono di esercitarlo perchè nella loro testa ne sono ancora legittimati.
Occorre una nuova grammatica delle relazioni tra uomini e donne. A fronte di una nuova identità femminile, stenta ad affermarsi una nuova identità maschile in grado di entrare in relazione con essa.
Quelle storie che leggiamo sui giornali, a volte possono esserci molto più vicine di quanto immaginiamo, non sono tragedie che avvengono all’improvviso, non sono frutto di raptus.
Molte di queste morti potevano essere evitate.
Quasi tutte le donne uccise avevano già subito minacce e violenze: la maggior parte non ha mai denunciato per paura delle conseguenze, per non essere stata adeguatamente sostenuta, per sfiducia, per paura di perdere i figli, e chi invece l'ha fatto non ha ricevuto protezione adeguata, perché non è stata creduta o spesso per sottovalutazione degli eventi.
E’ più che evidente che il problema è troppo importante e complesso, e che sia urgente fare qualcosa.
In tal senso sono andate le raccomandazioni all’Italia da parte della CEDAW (Convenzione per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, adottata dall’Onu nel 79) che ha trovato il nostro paese del tutto inadempiente per quanto riguarda le politiche di contrasto alla violenza e ai femminicidi.
Il governo Monti il 27 settembre scorso ha ratificato, anche se tardivamente, la Convenzione Europea di Istambul che sottolinea come “la violenza contro le donne sia una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano danni e sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica ed economica, compresa la minaccia di compiere tali atti”
Ma le indicazioni di Istambul dopo averle ratificate vanno rese effettive con una legge apposita.
C’è un DDL che porta la firma di Anna Serafini che è rimasto al momento lettera morta.
Siamo in piena campagna elettorale, e nonostante quello che accade quasi tutti i giorni, non ci sembra, per ora, che il contrasto alla violenza degli uomini contro le donne e il femminicidio sia una questione all’ordine del giorno dei vari partiti e coalizioni.
Chiediamo, pertanto, a tutti i partiti, alle donne e agli uomini che verranno eletti, che s’impegnino affinchè dal nuovo Parlamento esca finalmente una legge che affronti il problema a 360°.
Prima di tutto, è necessaria una legge nazionale organica e multidisciplinare che agisca su vari piani, culturale, formativo, legislativo, che vada al cuore del problema, che oltre che combattere la violenza e il femminicidio combatte anche gli stereotipi di genere che ne sono la causa scatenante, con iniziative di prevenzione, formazione e informazione soprattutto a partire dalle scuole. Ma anche con una stigmatizzazione reale di tutto ciò (pubblicità, comunicazione, programmi tv) che ammicca e incoraggia il sessismo.
Necessari sono anche adeguati strumenti di formazione, comunicazione e coordinamento per gli enti pubblici e privati e per le figure professionali alle quali a vario titolo si rivolgono le donne in situazione di violenza. Una particolare attenzione va data ai Centri antiviolenza, che rappresentano il vero baluardo per il sostegno alle donne, che vanno adeguatamente sostenuti e potenziati. Ricordiamo qui per inciso, che l’Associazione Telefono Donna, nata nel 1989, è uno dei primi centri antiviolenza italiani. Dal gennaio 2001 ad ottobre 2012 si sono rivolte a noi 1550 donne provenienti da tutto il territorio regionale e non solo, e nella Casa delle Donne Ester Scardaccione sempre nello stesso periodo abbiamo ospitato 128 donne e 31 minori, oltre a numerosi colloqui e consulenze psicologiche e legali.
Non deve passare altro tempo, troppo se ne è perso.
Non ci dimentichiamo che la legge contro la violenza sessuale, è passata con voto trasversale solo nel 94, dopo che ben 20 anni prima c'era stata una raccolta di firme d'iniziativa popolare, 20 anni per portare il reato di stupro da reato contro la morale a reato contro la persona!
Non deve passare altro tempo, siamo stanche di tutto questo sangue e tutte queste sofferenze!
Cinzia Marroccoli.Presidente Associazione Telefono Donna
Casa delle Donne Ester Scardaccione
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