
Neva Biagiotti
presenza- assenza vicinanza e lontananza
La società attuale è una società in cui i tempi sono frenetici ed accelerati, in cui siamo sempre in lotta con l’orologio e la dimensione temporale molto spesso ci fagocita, stravolge ritmi umani a suo uso e consumo.
E’ una gara, una corsa in cui noi stiamo al gioco e permettiamo che la folle corsa ci assoggetti e ci porti a dimenticare la nostra umanità.
La realtà ci fagocita col suo essere impegnativa, ci coinvolge completamente e assorbe le nostre energie, ma ci perderemo se non ci ricordiamo della nostra capacità di dare e ricevere affetto e di avere cura: faremo il gioco di quella realtà che ci vuole al suo servizio, a suo uso e consumo, imponendoci di dimenticare i nostri bisogni di esseri umani più profondi, il nostro cammino per l’armonia e l’equilibrio, la consapevolezza di sé nel mondo.
Siamo persone capaci di dare e ricevere affetto, quell’affetto che scalda la vita e rende forti e sicuri: non ci dobbiamo dimenticare di quelle sottili linee di confine che possono confonderci e disorientarci.
Ma per gli affetti e per la loro cura ci vogliono spazi e tempi a misura di cuore, ci vuole il tempo di scaturire, manifestare, pervadere, di diffondersi, di sprigionare nell’aria quel sapore denso di affettività che crea e cambia atmosfere.
Quando siamo nelle nostre case, siamo vicini uno all’altro, ma in realtà, quanto siamo veramente vicini uno all’altro? E’ “vicinanza vicinanza” o è una vicinanza che sa di lontananza? E’ vicinanza di cuori o solo vicinanza materiale? Quante volte condividiamo la stessa stanza, addirittura lo stesso divano, ma siamo lontani? E non occorre essere concentrati sulla play station, sul computer, sulla televisione, basta essere lì ma isolati nei propri pensieri, nelle proprie preoccupazioni, proiettati nel domani per progettare e pianificare tutto il da farsi in modo che niente sia dimenticato o trascurato. Progettiamo già la marcetta veloce, la nostra tabella di marcia per il giorno seguente. 
E siamo lontani, in una dimensione temporale dilatata e in una dimensione spaziale solo apparente perché siamo lì, ma siamo altrove, lontani.
E’ la presenza-assenza, la vicinanza-lontananza, quella dimensione strana e irreale che non tiene conto del presente, non tiene conto delle persone che ci circondano, non tiene conto delle relazioni. E siamo come bolle fluttuanti, che vagano lontane da terra, viviamo in dimensioni alternative staccate dalla concretezza del presente, del qui e del con chi: ci perdiamo il gusto di una vita vissuta con pienezza.
Quante volte ci rendiamo conto di quanto siamo distanti pur essendo stati tanto vicini solo quando c’è aria di disgrazia, di dolore e solo allora tutto diventa più marginale e focalizziamo la nostra attenzione piena di sollecitudine sulle persone che ci stanno accanto?

Ma se ci pensiamo bene è assurdo: perché stringersi in un abbraccio pieno di senso e di significato solo allora?
Perché capire solo allora che l’amore è il collante della famiglia ed è stato un peccato non dirselo e non dimostrarselo reciprocamente? Perché scegliere una vita in cui l’affettività viene relegata all’ultimo posto?
Diamo per scontato che tanto gli altri lo sanno che vogliamo loro bene, ma l’affettività ha bisogno di essere nutrita, curata, altrimenti perdiamo la capacità di comunicarla, di chiederla. E l’abbraccio diventa sempre più difficile, lontano dalle nostre corde e conosciamo solo abbracci di circostanza che niente danno e niente
lasciano. E i bambini che ne sanno di quanto vogliamo loro bene se privilegiamo la possibilità di comprare giochi e per questa ci adoperiamo, ma poi non li stringiamo in un abbraccio che li fa sentire amati e che comunica in modo inequivocabile la nostra vicinanza? E anche con i nostri e le nostre compagne di vita non diamo troppo spesso per scontato che tanto ci vogliamo bene anche se non ce lo dimostriamo in continuazione, che ci amiamo altrimenti non staremmo insieme? Ma quanto nutriamo queste unioni con una vicinanza vera, che sa di affetto sincero, che cerca il dialogo e il confronto guardandosi e leggendosi negli occhi?
Siamo molto spesso presenti, ma siamo molto spesso assenti: siamo presenti con cuore e corpo freddi, perché la parte più calda è la nostra mente, quella parte che ci assorbe totalmente con le preoccupazioni finanziarie, i conteggi, i programmi, i progetti, le diverse ipotesi, le alternative.
Ogni tanto dobbiamo posare questo fardello mentale ed ascoltare quella voce del cuore che ci permette di star davvero vicini agli altri, perché indubbiamente oggi la vita è difficile e faticosa, ma diventa ancora più difficile e faticosa se perdiamo la capacità di essere davvero famiglia, se ci priviamo anche di un abbraccio e non ne doniamo.
E’ necessario ritrovare la nostra armonia, quel gioco silenzioso e spontaneo di incastro dove corpo, cuore, mente sono le parti di una stessa persona, tutte con uguale dignità e tutte degne di essere vissute.
In questa società così difficile è molto meglio rituffarsi nella quotidianità portando il nostro carico d’amore sulle spalle, quell’amore che è il collante della famiglia, che fornisce forza e vigore per affrontare le difficoltà. Quel carico d’amore che portiamo con noi diventa quasi uno scudo che ci protegge dalle avversità, che ci fa sentire più forti, che ci impedisce di toccare il vuoto. La nostra casa diventa davvero il luogo dove possiamo ricaricare le pile, dove ci nutriamo di speranza per il domani che anche se problematico non ci porterà via quell’affettività calda che diventa la vetta più alta della nostra scala di priorità. Sarà come una luce che brilla dentro di noi e che ci permette di non perderci anche se c’è il buio e diventa ininfluente il freddo esterno, quando c’è quella luce calda dentro il cuore perché in qualche modo si irradia e si fa sentire anche all’esterno.
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