giovedì 8 dicembre 2011

Ruoli e prerogative delle figure parentali: pregi e limiti


 Ruoli e prerogative delle figure parentali:
pregi e limiti

 Nicolina Raimondo
 Counselor Trainer


 



Le due figure parentali hanno ruoli e prerogative diverse per natura: il principio materno è quello dell’accoglienza, del nutrimento, mentre il paterno è quello dell’impegno, necessario a produrre.
Il rapporto con i figli non deve essere troppo vincolante, come è spesso quello femminile, né troppo comandante, come è in genere quello maschile.

La figura del padre va isolata da quella della madre e i ruoli devono essere ben definiti perché le sovrapposizioni generano confusione, anche se è un errore chiudere le relazioni in rigidi schemi.

 



Tutte e due le figure ( padre e madre) devono integrare caratteristiche emozionali –affettive con autorità e fermezza.

 C’è un buon rapporto genitori-figli, quando, mentre un genitore protegge, l’altro fa crescere, tenendo presente che l’eccessivo affetto o l’eccessivo rigore, hanno effetti negativi.

 



Oggi gli studi sulle famiglie rivelano sempre più:
 



a) patologie di tipo narcisistico (affettivo)
 



b) una peculiare assenza, o perifericità, dei valori paterni, con conseguente offuscamento della coscienza morale;



c) famiglie pervase da valori materni, in grado di risucchiare il figlio in un processo di eterna subordinazione psicologica.



La madre iperprotettiva che non fa crescere e non sa staccarsi emotivamente dal figlio, è in genere una donna che non vive con il coniuge quella reciprocità, che favorisce il sapersi tirare indietro.Del resto l’incapacità del dono gratuito, i rapporti di potere, portano a patologie relazionali.



 Infatti, Jung avverte :”le origini dei disturbi vanno cercati nei genitori e in special modo nella madre”e parla del complesso materno nelle sue conseguenze sia per il figlio maschio che per la figlia femmina.



Il “mammismo”, patologia oggi molto diffusa, è un cordone ombelicale saldamente legato ed è causato dalla madre che con il suo bisogno inappagato di stima e di affetto, si riversa con tutte le proprie energie egocentriche sul bambino, o adolescente, che, vittima di una situazione estremamente oppressiva , è spinto a fornire alla madre ciò che essa non ottiene dal coniuge.



Quando il padre è assente, o pur se presente è volontariamente escluso, la madre attiva la coalizione madre-figlio in funzione antipaterna con la conseguente svalutazione del padre.



 In tali situazioni i figli diventano insicuri e sfiduciati di fronte alla vita in genere, di conseguenza  non saranno né autonomi né responsabili ma resteranno “attaccati” alla madre e, psicologicamente dipendenti. 



 



 



 



Ho avuto, ho, una famiglia che definirei piuttosto classica/standard, senza particolari vizi o virtù, né eccessi o vicissitudini palesi, sia come nucleo che come singoli componenti, che possano giustificare a mio modo di vedere le cose dei malesseri profondi.

Le prime parole che mia madre pronunciò quando sono venuta al mondo furono: "Quant'è brutta", e quando pochi mesi più tardi ci fu il terremoto uscì di casa in preda al panico, dimenticandosi letteralmente di me, per farvi ritorno solo dieci minuti più tardi cioè quando si ricordò di me, della mia esistenza e presenza in casa...curiosamente sono forse soltanto queste le uniche due cose che anche a distanza d'anni mi lasciano in testa un senso d'irrisolto, d'incompreso, alle quali non riesco a trovare naturale collocazione nella logica degli eventi ...”.





"Ed è negli occhi del bimbo, nei suoi occhi scuri e profondi, come notti in bianco, che nasce la luce.”



(Paul Eluard)






 
 

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