Nicolina Raimondo
nicolrai@yahoo.fr
Counselor Trainer
Scuola di Counseling Relazionale
Prevenire è Possibile
http://www.prepos.it/
IL DOLORE: l’umanità del counselor
PARLANDO DI DOLORE E DI FERITE CHE SI RIAPRONO
Poco più di un mese fa è venuto a mancare un mio cugino, 49 anni, portato via dal male del secolo.
Quando parlavo con lui era difficile trovare le parole giuste perché era medico e conosceva il male che lo consumava in tutto il suo percorso. Io gli parlavo di speranza, di fiducia in Dio e nei progressi della medicina, ma, soprattutto, di prova della vita e di chiedersi cosa poteva e doveva apprendere da tale prova per poterlo lasciare in eredità alla moglie e ai due figli.
Anche per me era doloroso, perché 10 anni fa ho perso mio marito e sentivo di rivivere il copione.
Le ultime visite sono state per me un trauma e la morte ancora di più. Sono ritornata indietro di dieci anni.
Pensavo di aver elaborato ormai il mio dolore, ma mi sono accorta che non è mai abbastanza specialmente quando si è emotivamente ed affettivamente coinvolti.
Ho parlato di questo dolore con la mia amica Daniela Troiani, che qualche giorno dopo mi ha mandato questa mail che voglio condividere con voi aggiungendo i due testi sia perché li trovo significativi sia perché sono la base del mio percorso.
Il dolore e la morte fanno parte della vita insieme alla gioia.
Bisogna trovare un senso agli avvenimenti della vita, perchè solo quando li accettiamo, li analizziamo e ci chiediamo cosa possiamo imparare dalle esperienze negative, allora, e solo allora, si comincia a rinascere.
Certo ci sono le ricadute, ma, anche le ricadute danno nuova carica.

“Nicolina carissima,
che bello che siamo umani!
Pensa se fossimo marziani tutti verdi, che bruttini saremmo!
Peraltro, mi chiedo se il riaprirsi di vecchie ferite sia un segno di fragilità o il segnale che siamo più forti e, dunque, in grado di affrontare aspetti degli eventi dolorosi, che prima non eravamo in grado di affrontare.
Non posso credere che si è deboli quando si affronta il dolore.
Siamo deboli quando il dolore lo nascondiamo sotto montagne di altre cose.
Oddio: così sembra una lode alla sofferenza.
E non è questa la mia intenzione.
E' che io ho imparato a farmi tante carezze quando cado, oggi, per esempio, mi sto coccolando un pò, perché, ancora una volta, non ho saputo far uscire la rabbia in modo educato.
Prima mi son detta quello che avrei dovuto saper gestire più efficacemente.
Ora sono qui che, dopo aver ascoltato della buona musica mentre sfaccendavo, scribacchio, leggo cose emotivamente intense e, con calma, preparo la lezione che dovrò fare domani .
Non siamo perfetti, Nicolina cara.
Ma è così bello non esserlo, proprio perché ci possiamo permettere il lusso di piangere, strepitare e, sopratutto, sbagliare.
Questo, infatti, significa che siamo ancora vivi.
Credo che il tuo blog prenderà un gran bell'aspetto come un giardino pieno di fiori di tanti tipi, di colori, di profumi, di vita.”.
DANIELA TROIANI

Oriana Fallaci – Il dolore dell’Anima
“Incredibile come il dolore dell’anima non venga capito.
Se ti becchi una pallottola o una scheggia si mettono subito a strillare presto-barellieri-il-plasma, se ti rompi una gamba te la ingessano, se hai la gola infiammata ti danno le medicine.
Se hai il cuore pezzi e sei così disperato che non ti riesce di aprir bocca, invece, non se ne accorgono neanche. Eppure il dolore dell’anima è una malattia molto più grave della gamba rotta e della gola infiammata, le sue ferite sono assai più profonde e pericolose di quelle procurate da una pallottola o da una scheggia.
Sono ferite che non guariscono, quelle, ferite che ad ogni pretesto ricominciano a sanguinare”.

“E una donna disse: Parlaci del Dolore.
E lui disse:
Il dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra conoscenza.
Come il nocciolo del frutto deve spezzarsi affinché il suo cuore possa esporsi al sole,così voi dovete conoscere il dolore.
E se riusciste a custodire in cuore la meraviglia per i prodigi quotidiani della vita,il dolore non vi meraviglierebbe meno della gioia;
accogliereste le stagioni del vostro cuore come avreste sempre accolto le stagioni che passano sui campi.
E vegliereste sereni durante gli inverni del vostro dolore.
Gran parte del vostro dolore è scelto da voi stessi.
È la pozione amara con la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male.
Quindi confidate in lui e bevete il suo rimedio in serenità e in silenzio.
Poiché la sua mano, benché pesante e rude, è retta dalla tenera mano dell'Invisibile, e la coppa che vi porge, nonostante bruci le vostre labbra, è stata fatta con la creta che il Vasaio ha bagnato di lacrime sacre”.
GIBRAN

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