domenica 23 marzo 2014

STORIE DI DONNE

le nostre antenate
Nicolina Raimond

 
La storia è piena di donne che hanno cercato di affermare in tutti gli ambiti della vita,la parità con l'altro sesso.
Hanno dovuto  insistere, persistere, perseverare, ostinarsi, pretendere, lottare, dimostrare le capacità, le abilità, le propensioni, che ogni essere umano in quanto persona possiede dentro di sé perché  innate e naturali.
Queste donne hanno lottato per il riconoscimento di qualcosa che ci apparteneva da sempre, che ci appartiene oggi e ci apparterrà per sempre: la parità nella dignità.
Noi donne oggi, nel terzo millennio dobbiamo ancora lottare, come le nostre antenate, perché ci sia riconosciuta la parità.

Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, indicata anche come Elena Lucrezia Corner (Venezia, 5 giugno 1646 - Padova, 26 luglio 1684), è stata un'erudita italiana, ricordata come la prima donna laureata al mondo.

Donne di ieri, di oggi, di sempre: la storia non cambia???

Figlia di un nobile veneziano che ne favorì in tutti i modi l'educazione, a diciannove anni prese i voti come oblata benedettina proseguendo gli studi di filosofia, teologia,greco, latino, ebraico e spagnolo.
Ormai nota agli studiosi del tempo, a partire dal 1669 fu accolta in alcune delle principali
accademie dell'epoca. Quando il padre chiese che Elena potesse laurearsi in teologia all'Università di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo si oppose duramente in quanto riteneva "uno sproposito" che una donna potesse diventare "dottore".
Si arrivò infine nel 1678 al compromesso di far laureare Elena Cornaro in filosofia anche
se non poté, in quanto donna, esercitare l'insegnamento. Sei anni dopo morì a Padova per una grave malattia.
Elena fu la quinta dei sette figli di Giovan Battista Cornaro e di Zanetta Boni. Il padre, 
appartenente a una delle più importanti famiglie veneziane, ebbe con Zanetta, donna di umilissime origini, una lunga relazione durante la quale nacquero tutti i loro figli: essi furono sempre legittimati alla nascita, ma la coppia si sposò soltanto nel 1654.
A causa delle origini della madre, i due giovani maschi Francesco e Girolamo non poterono essere iscritti nel Libro d'oro della nobiltà fino al 1664, quando il padre ottenne il sospirato riconoscimento pagando 105.000 ducati.
L'antica famiglia era da secoli esclusa dalle maggiori magistrature della Repubblica di
Venezia, ma le restava il prestigio del nome, del patrimonio e della cultura: il nonno 
materno di Giovan Battista, Giacomo Alvise Cornaro, era stato uno scienziato amico di Galilei e suo padre Girolamo, studioso di fisica, aveva creato un'importante biblioteca e una collezione di quadri e di strumenti scientifici.
Probabilmente Giovan Battista, quando si accorse delle qualità della figlia, ne favorì in
tutti i modi la crescita culturale e il successo pubblico: era infatti del tutto straordinario che
una donna emergesse nel campo degli studi e un tale esempio di eccezione avrebbe ancor più contribuito a dare lustro al nome della famiglia. La stessa Elena sembrò esser
consapevole del pur «vano compiacimento» mostrato dal padre,[1] ma non volle deluderlo, per quanto ella non intendesse acquisire un'erudizione da sfoggiare in salotti ed accademie.
Infatti, a testimonianza della sua inclinazione a un'esistenza appartata, nel 1665 Elena
si fece oblata benedettina, una scelta che appare un compromesso con la sua vocazione 
religiosa: in questo modo, pur osservando la regola dell'Ordine, poteva evitare la reclusione monastica e frequentare quel mondo secolare nel quale poteva trovare la libertà e i mezzi di continuare i propri studi.
Fu così che ad Elena il padre volle assicurare la migliore istruzione: suoi insegnanti di greco
furono, fino al 1668, Giovan Battista Fabris, parroco della chiesa di San Luca, e poi Alvise Gradenigo, bibliotecario della Marciana, che aveva vissuto a lungo a Candia, mentre il canonico di San Marco Giovanni Valier le impartì lezioni di latino. Forse fu il gesuita Carlo Maurizio Vota a impartirle nozioni di scienze e Carlo Rinaldini, cattedratico a Pisa e poi 
a Padova, la istruì nella filosofia. Elena apprese anche l'ebraico e lo spagnolo dal rabbino Shemel Aboaf e la teologia da Felice Rotondi, che divenne poi docente nello Studio di Padova.[2]
Ormai nota tra gli studiosi italiani per la sua erudizione, la Cornaro fu accolta nel 1669
nell'Accademia dei Ricoverati di Padova, e successivamente nell'Accademia degli Infecondi di Roma, nell'Accademia degli Intronati di Siena, negli Erranti di Brescia, e in quelle dei Dodonei e dei Pacifici di Venezia. La sua fama si estese anche all'estero: 
il cardinale Federico d'Assia-Darmstadt la consultò nel 1670 su problemi di geometria solida, da Ginevra Louise de Frotté, nipote del celebre medico Théodore de Mayerne, invitò nel 1675 Gregorio Leti a inserire la Cornaro nella sua raccolta di biografie di personaggi celebri L'Italia regnante, e nel 1677 il cardinale Emanuele de Bouillon la fece esaminare dai due eruditi Charles Cato de Court e Ludovic Espinay de Saint-Luc, che ne rimasero ammirati.[3]
Dopo che Elena ebbe tenuto a Venezia una pubblica disputa di filosofia in lingua greca
e latina, il padre Giovan Battista chiese che lo Studio di Padova assegnasse alla figlia la laurea in teologia, alla quale si oppose il vescovo di Padova, il cardinale Gregorio Barbarigo, la cui autorizzazione, in qualità di cancelliere dell'Università, era vincolante.
Egli sostenne che fosse «uno sproposito dottorar una donna» e che sarebbe stato un «renderci ridicoli a tutto il mondo».[4] Ne nacque un conflitto tra il cardinale e il Cornaro,che si risolse con il compromesso di far laureare Elena in filosofia: il 25 giugno 1678 la Cornaro sostenne la sua dissertazione e fu accolta nel Collegio dei medici e dei filosofi dello Studio padovano, benché non potesse comunque, in quanto donna,  esercitare l'insegnamento.
Stabilitasi a Padova, già seriamente malata, vi morì a soli trentotto anni, il 26 luglio 1684,
e fu sepolta nella chiesa di Santa Giustina. Aveva disposto che fossero distrutti tutti i suoimanoscritti, e le poche carte restanti, consistenti in discorsi di argomento morale e religioso, e in alcune poesie, furono pubblicate postume: a giudizio del Croce, «scarsissimo o nullo è il valore di tutta cotesta letteratura ascetica e rimeria spirituale».[6] In vita pubblicò soltanto, nel 1669, una traduzione dallo spagnolo di un opuscolo spirituale di Giovanni Lanspergio, il Colloquio di Cristo all'anima devota.
Riconoscimenti
Le è stato dedicato un cratere di 26 km di diametro sul pianeta Venere[7].
Nel Palazzo del Bo, sede dell'Università di Padova, è ricordata da una statua, e nella
basilica di Sant'Antonio da un busto.
Nella biblioteca del Vassar College a Poughkeepsie (NY) è ricordata in una vetrata a colori.
Le è intitolata una piazza a Rubano e una via a Barzanò e a Cesa.
Le è dedicato il Liceo statale Ettore Majorana-Elena Corner a Mirano.
Le è stata dedicata una lapide sul muro di Ca' Farsetti a Venezia, lato calle del Carbon.
L'Istituto professionale di Stato di Jesolo porta il suo nome.
Le è intitolata la biblioteca comunale di Episkopi (vicino Limassol) a Cipro.
Opere
Lettera overo colloquio di Christo N. R. all'anima devota composta dal R. P. D. Giovanni Laspergio in lingua spagnola e portata nell'italiana, Venetia, Giuliani, 1669.
Helenae Lucretiae Corneliae Piscopiae opera quae quidem haberi potuerunt, Parmae, Rosati, 1688.

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