venerdì 5 aprile 2013

LA MALATTIA



QUAL E' IL SENSO DELLA MALATTIA?
 Nicolina Raimondo

Dai primi uomini fino ai giorni nostri i sentimenti dell’uomo di fronte alla vita sono
gli stessi, la sola differenza sta nel modo come la persona li affronta e quale chiave 
esistenziale usa per entrarci dentro oppure per allontanarli da sé con il rifiuto o la 
spasmodica ricerca per eliminarli.
     Certo è che la malattia fa riflettere su tanti aspetti della vita, è una tremenda
 realtà che ci cambia dentro e ci cambia la vita.
     Quando tutto va bene non ci chiediamo il perché della sofferenza e della 
malattia, forse pensiamo che capita solo agli altri e rimaniamo un po’ indifferenti
 pur dicendo che ci dispiace.
 Ma, quando tocca noi personalmente o un familiare stretto le cose cambiano e ciò
che prima era naturale e logico, all’improvviso diventa innaturale, assurdo, disumano.
 Sì disumano, e allora ci ricordiamo che siamo stati creati non per soffrire ma per
 essere felici.
L’inaccettabilità del soffrire ci ricollega alla primordiale soddisfazione,
alla paradisiaca pienezza e ci rimanda alla felicità perduta.
     La malattia ci isola, ci tuffa in quella solitudine che squarcia il cuore e nessuno
può riempire, nonostante l'amore, le cure delle persone che ci circondano e che ci 
vogliono  bene.
      All’improvviso entriamo in uno stato di ribellione perché siamo lontani,
separati, dalle nostre abitudini, dai nostri interessi, dalle nostre aspirazioni.
     Perché proprio a me?....... Io credevo di essere una persona buona e generosa.........
Basta una malattia, anche non grave, a ridimensionare le nostre sicurezze, a farci
trovare di fronte alla nostra povertà, alla nostra pochezza e al nostro dolore.
     Allora ci poniamo tante domande che attivano riflessioni sul senso della vita.
     Allora ci rendiamo conto che nella vita ci sono  malattie, delusioni,  amarezze, 
tradimenti, e che ognuno vive e ricorda la propria passione, il proprio calvario, 
la propria croce.
     Vorremmo scendere da quel legno, anche Gesù nell’orto degli ulivi 
“inginocchiatosi pregava: Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia
 non sia fatta la mia , ma la tua volontà” (Luc.22.42).
     Nel ventaglio di domande e di risposte  c’è modo e tempo di superare tutte le fasi 
che il problema comporta sempre e per tutti: superare lo shock iniziale, fatto di 
sorpresa, sbigottimento e incredulità, si ha l’impressione di vivere un brutto sogno 
dal quale ci si vorrebbe svegliare; poi c’è la fase del rifiuto, della ribellione, della 
rabbia, l'inaccettabilità che va a braccetto con l'incapacità dei medici, la ribellione e 
la rabbia che cercano responsabili; la terza fase è quella della paura, della tristezza, 
della solitudine, dell'abbandono, della collera, dei sensi di colpa, si vuole restare
soli, ci si sente traditi e abbandonati dalla vita, da Dio, dai genitori, si cercano le
responsabilità: cosa devo scontare per meritare tutto questo? etc... 
     Poi...... accade che le ferite diventino tenerezza, che ci si scopre più aperti e 
disponibili verso gli altri e si scopre la mission della vita e quindi il significato 
di ciò che si sta vivendo.
                                                 


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