martedì 18 ottobre 2011

Quale famiglia?

  


 Nicolina Raimondo



nicolrai@yahoo.fr
Counselor Trainer
Scuola di Counseling Relazionale
 Prevenire è Possibile
 http://www.prepos.it/


 



Quale famiglia ?

 



Il quadro delle relazioni familiari fin qui esposto non è certo incoraggiante e conferma quanto dice Berne che la  prima schiavitù è quella  creata dai genitori. Tanto che viene da chiedersi se esista oppure no una tipologia di famiglia dove tutti i componenti si trovano bene.

Solo le persone mature e responsabili che non sono a loro volta dipendenti da una affettività malata riescono ad attivare uno stile educativo  autorevole nel quale i genitori  riconoscono che i figli hanno i loro diritti, incoraggiano il dialogo, valorizzano le loro idee esercitano su di essi il giusto controllo, sanno gratificare e rimproverare, sanno farli sentire accettati e amati, danno le regole e rispettano i ruoli.

Sono persone che posseggono principi di rispetto, di amore dono, di affetto come fare qualcosa per qualcuno, di accettazione dell’altro così com’è e non come si vorrebbe che fosse, o perché li hanno ricevuti o perché hanno compiuto un percorso di crescita personale.


In queste famiglie i figli dimostrano competenze sociali, autocontrollo e curiosità per la vita in generale.


 



Nella Famiglia il senso della propria esistenza




 
All’interno del gruppo, nonostante i legami opprimenti e/o squalificanti, ogni componente è chiamato ad esprimere i propri bisogni, a scoprire il senso della propria esistenza, il proprio valore di persona unica e irripetibile, a conoscere quali sono i propri valori fondamentalie quindi fare chiarezza con se stesso rispetto a quello che vuole e quello che non vuole nella propria vita per arrivare all’autorealizzazione che è il raggiungimento della propria identità, della propria libertà e autonomia.

 
Dopo tale indagine sembra che la famiglia sia più un luogo di sofferenza che di amore, infatti, la sofferenza dei bambini/ adolescenti che spesso si manifesta nei fallimenti scolastici, disturbi alimentari, piccoli furti, tentativi di suicidio, atti di bullismo, ripiegamento su se stessi, etc., segnala un “disturbo” di tutto il gruppo famiglia, confermando  che il sintomo del singolo non è il segno di una difficoltà individuale ma piuttosto il rivelatore di una disfunzionalità relazionale che implica genitori, nonni e fratria, quindi del gruppo famiglia  nel suo insieme.
 



 Il lavoro vuole entrare nei comportamenti del gruppo famiglia per cercare, oltre le apparenze, e scoprire quale stile educativo è messo in atto, che tipologia di famiglia si ha di fronte, che tipo di relazionalità vige all’interno del gruppo oltre che della coppia, per poter accompagnare coloro che lo richiedono, a reperire i non detti, le false idee, i condizionamenti, il mancato rispetto dei ruoli, la paura del cambiamento e quant’altro, perché solo quando c’è la consapevolezza della propria condizione si può decidere se cambiare o restare nel proprio disagio.


 



2 commenti:

  1.  articolo molto interessante che condivido pienamente.
    ci vorrebbe una scuola per genitori e tanto AMORE..........


    BIANCO VITTORIA

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  2. tutto vero! tristemente vero.... la famiglia , quella d'origine e quella di nuova formazione, è spesso luogo di sofferenza. perchè, nonostante corra l'anno 2011, siamo di un 'ignoranza caparbia, paralizzante , che ci ferma su posizioni irrisolte, scorrette psicologicamente, quindi devianti, generatrici di problemi che di allargano a macchia d'olio, che diventano poi onde anomale che investono i poveri individui che generiamo. poi essi crescono con il loro bel bagaglio di cazzate sbagliate, nodi irrisolti, limiti mentali, morali, intellettuali e vanno a formare un altro luogo di disagio e sofferenza. E' così almeno nel 60% dei casi. altro che famiglia del mulino bianco!

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