giovedì 16 giugno 2011

UN FIGLIO CHE DELUDE, CHI DELUDE ????????


Nicolina Raimondo
nicolrai@yahoo.fr
Counselor Trainer
 Scuola di Counseling Relazionale
 Prevenire è Possibile
 http://www.prepos.it/


 




 UN FIGLIO CHE DELUDE, CHI DELUDE ????????


 







 Niente è più normale che voler vivere la propria vita secondo i propri desideri, aspirazioni, e sentimenti, ma per alcuni è impossibile a causa dei condizionamenti, e costrizioni stabiliti da altri, sia pur essi i genitori.

Spesso, i figli “resistenti”alle richieste dei genitori sono considerati la pecora nera della famiglia, eppure, questi figli, definiti cattivi e ingrati, hanno “l’unico grande torto” di volersi liberare da un “amore” genitoriale troppo prevaricante sui legittimi desideri e tentativi di individuazione di sé, di autonomia, di libertà di scelta e di pensiero.

Nella mia esperienza personale e professionale ho avuto modo di conoscere alcuni casi che intendo riportare come esempi.
La madre di un mio coetaneo ha detto, testualmente: “Ho quattro figli, tre sono usciti buoni, uno l’ho sbagliato”. Conoscendo l’ambiente socio-culturale e la storia della famiglia posso affermare che questa madre si lamentava del fatto che il figlio non aveva realizzato le sue attese nello studio, nel lavoro e nel matrimonio, in altre parole, l’aveva delusa.

Ma, viene da chiedersi: PERCHÉ I GENITORI SI SENTONO DELUSI? UN FIGLIO CHE DELUDE, CHI DELUDE VERAMENTE, SE STESSO O GLI ALTRI?

Ci sono persone che, anche dopo la morte della madre, non sono riuscite a sposare la donna che amavano, magari ne hanno sposata un’altra, ma non quella, per rispettare la volontà della madre.

Chi ha sofferto e ha sacrificato i propri sogni in tali vicissitudini di vita?

 Liberarsi da tali prevaricazioni e giudizi squalificanti richiede, ai figli, desiderio, volontà, impegno e qualche sacrificio, e, ai genitori di riconoscere e accettare i figli così come sono, senza pretendere di cambiarli, né di caricarli di aspettative, allentando la rete del controllo, affinché possano seguire la loro strada anche sbagliando. I genitori devono sciogliere i legami invisibili che hanno radicato nei figli, altrimenti, questi continueranno a sentirli sempre dentro di loro e non saranno mai liberi.

Un altro esempio, Pasquale, costretto a vivere una doppia vita sotto gli occhi di tutti, ha avuto una relazione e tre figli dalla donna che amava ma che non aveva potuto mai sposare per volere della madre, la quale ipocritamente sapeva e fingeva di non sapere. Questa madre, a 93 anni, Pasquale 67, ha concesso finalmente il permesso al figlio di sposare la donna che amava e riconoscere i figli. 

E’ vero che questo è un caso limite, eppure la nostra società ne è piena.
Molto spesso, padri e madri pensano che recidere il cordone ombelicale implichi l’annullamento del legame che li unisce ai figli, ignorando che un vincolo di dipendenza non è un legame affettivo.

I genitori non dovrebbero mai dimenticare la loro funzione, il loro ruolo e il concetto di ”amore dono”, perché, amare, per un genitore è fornire ai figli strumenti emotivi di relazione e comportamento affinché possano costruire da soli un progetto di vita autonomo.

In altre parole, dovrebbero prepararsi, e preparare i figli al distacco allentando le redini del controllo.
 Invece, si scopre sempre con maggiore frequenza che è più difficile separarsi per i genitori che per i figli soprattutto nei casi in cui i coniugi non investono sul rapporto di coppia, non riescono ad avere motivazioni professionali vere, non coltivano amicizie e interessi personali, di conseguenza riversano tutto sui figli, si attaccano come sanguisughe, li trattengono per non sentirsi abbandonati, perdono di vista il bene comune, antepongono le loro ansie e i loro desideri, operano interferenze e prevaricazioni.

Quanto più è forte il loro bisogno di possesso e di ingerenza tanto più il loro dovere di accudimento e protezione è schiacciante. In tal modo dirigono la vita dei figli e ne mortificano la progettualità, diventano resistenti a lasciarli andare, a liberarli dalla “tutela”impedendo loro il raggiungimento della piena autonomia.


Siffatti genitori hanno, loro stessi, un cattivo rapporto con la sfera della relazionalità affettiva e sono vittime di un’affettività malata perché non hanno imparato a riconoscere, essi stessi, il loro prezioso e unico patrimonio umano, né ad esprimere il loro potenziale emotivo, essendo stati semplicemente allenati alla riproduzione di modelli di pensiero e di comportamenti appresi, alla gestione di ruoli e rapporti stereotipati. Di conseguenza ripetono lo stesso copione con i figli, non favoriscono la loro realizzazione e autonomia, ma, attivano solo meccanismi di controllo, autoritarismo e invischiosità, inculcando legami invisibili.


Noi non siamo qui a giudicare, altrimenti inneschiamo una catena senza fine come dice la madre cattiva nel “teatro da camera” di Strindberg: “ Tu lo sai come fu la mia infanzia. Hai idea del male che ho avuto, della triste famiglia in cui sono vissuta?... non accusarmi e io non accuserò i miei genitori, che potrebbero accusare i loro e così via”.

 



LA CORDA  INVISIBILE



 
 






 
Un contadino con i suoi tre asini andò al mercato per vendere il suo raccolto. La città era lontana e occorrevano tre giorni di cammino per raggiungerla.
La prima sera si fermò, per passare la notte, non lontano dalla casa di un vecchio eremita. Scaricò tutto e legò gli asini ma quando doveva legare gli asini si accorse che gli mancava una corda e si disse: se non lo legò domani mattina non lo ritrovò.
Dopo aver ben legato i primi due montò a cavallo del terzo e si diresse verso la casa dell’eremita per chiedere al vecchio se avesse una corda da prestargli.
Il vecchio che aveva fatto da molto tempo voto di povertà, non aveva nemmeno un pezzo di corda da prestargli ma disse al contadino: ” ritorna al tuo accampamento e come fai abitualmente fai il gesto di passare la corda intorno al collo dell’asino e non dimenticare di far finta di legarlo ad un albero”.
Perso per perso, il contadino fece come gli aveva detto l’eremita.
Il mattino seguente, di buon’ora, il primo pensiero fu per l’asino.
 Era ancora là!
Carica i tre asini e si avvia per ripartire ma ha il suo buon da fare a spingere e tirare l’asino, niente da fare, l’asino non si muove.
Disperato ritorna dall’eremita e gli racconta l’accaduto.
“Hai provveduto a sciogliere la corda?”gli chiese l’eremita.
“Ma non c’è nessuna corda” rispose il contadino.
“Per te, ma per l’asino….”
Il contadino ritornò all’accampamento e mimò tutti i movimenti per sciogliere la corda.
L’asino lo seguì senza alcuna resistenza.


 



 



Non meravigliamoci di quest’asino.
 



Anche noi siamo schiavi delle nostre abitudini, e soprattutto delle nostre abitudini mentali.
Chiediamoci sempre quale corda invisibile ci tiene fermi, ci impedisce di progredire.......
  
 

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