Il significato del dolore –
Aspetti psicologici ed etici
Il dolore costituisce il punto discriminante tra l'essere
e il non-essere, tra il farsi
e il disfarsi dello sviluppo e la maturazione
della personalità umana, tra l'egoismo
e la generosità, tra l'egocentrismo e
una visione integrale che facilita la conoscenza
dei limiti esistenziali e
delle capacità spirituali dell'uomo.
Di fronte al dolore l'uomo è sconcertato e privato della
sua abituale sicurezza.
L’uomo del terzo
millennio ha perso la capacità di soffrire e insegue la ricerca
di un piacere a
tutti i costi cercando una parziale eutanasia che, invece, lo
fa affondare
ancor più nella sofferenza e nella propria incapacità di
rinnovamento, di
maturazione e realizzazione esistenziale.
Il dolore deriva dalla perdita di un bene, da una
privazione, da un insulto, da un
attacco, da una distruzione,
destabilizza la persona ed è un sentimento capace
di paralizzare tutto il
nostro essere e, se derivante da un’affettività non serena e
malata, può far
perdere la libertà interiore. Esso può essere compreso solo in
rapporto al
piacere, che è uno stato di ben-essere, di star bene, di gioia, di
sollievo,
per la cessazione di un bisogno oppure per il possesso di un bene,
Esistono tre tipi di dolore: fisico, interiore e tristezza.
Sia il dolore
fisico che quello spirituale e/o psicologico portano lo svenimento,
la paralisi della volontà e il disordine dell'affettività;
Il dolore interiore è la conseguenza dell’unità
dell’essere umano ed è proporzionale
all’amore che ne è la causa perché quanto
più si ama tanto più si soffre ed è quello
che si avverte, quando si è privati di un bene, come la morte di una
persona cara
o la percezione di un male non fisico.
Quando si soffre si diventa tristi: la tristezza è il
sentimento più negativo che l’uomo
possa vivere perché blocca le relazioni,
paralizza l’attività e porta alla depressione.
Il dolore, forte e prolungato fa regredire la mente verso
posizioni infantili dalle
quali non siamo capaci di difenderci, rovina l’armonia
dell’essere, ostacola la
disponibilità verso gli altri, fa ripiegare su se stessi,
restringe tutte le possibilità
esistenziali, fa invecchiare precocemente, ma
soprattutto non è comunicabile
agli altri per diretta partecipazione come
invece avviene per la gioia.
Il dolore, in
quanto privazione di bene, non è buono, ma è parte integrante
della vita umana,
la non accettazione produce alienazione ed estraniamento
da se stessi.
Per non rimanerne travolti bisogna imparare ad accettarlo
nel suo mistero e
trovarneil senso e il "perché", solo allora non apparirà
più tanto assurdo e
incomprensibile.
All’uomo è chiesto di affrontare con coraggio l’infelicità
come problema della vita,
la sua grandezza sarà definita dalla forza d’animo
con cui la riconosce e la accetta.
Il dolore è, sprone all'azione e parte del senso reale
della vita, dietro ogni dolore e
soprattutto in quello della morte, c’è una
nuova vita, difficile e duro da comprendere,
assurdo da ammettere, ma “ogni
morte” , ogni dolore porta in sé una forza salutare
che conduce all'ordine e
all'autenticità e rappresenta il
passaggio verso una nuova
esistenza.
Nella scuola della vita il dolore ha un ruolo molto
importante per lo sviluppo della
personalità e dell’umanità dell’essere. Dopo
il primo momento di rifiuto e di
disperazione la persona attiva la riflessione
che guida l’elaborazione e conduce al
cambiamento.
Senza rendersene conto entra in contatto col proprio mondo
interiore, raggiunge una
maggiore consapevolezza nella quale scopre e riconosce
i propri limiti, diventa più
indulgente e comprensiva verso gli altri e i loro
problemi. Il dolore, sia esso fisico
che morale, costringe a rivedere la
propria scala di valori, insegna a gioire e a
discernere il vero, aumenta la
conoscenza morale e pratica della vita, sviluppa le
virtù: fortezza, pazienza e temperanza, esalta l’intelligenza,
la volontà e lo spirito
quindi innalza l’uomo nella sua dimensione spirituale e
trascendente.
Aiuta a riscoprire il senso del tempo, degli affetti e
delle piccole cose perché è
nel dolore che si tempra l’uomo.
Nicolina Raimondo
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